Tanto da dirvi subito, Journey ha beneficiato di un'unica modifica in tre anni, una revisione totale della sua grafica. Ma che trasformazione! Passando a 1080p 60fps, il gioco raggiunge una bellezza tecnica che finalmente si attiene a ciò che l'avventura ci ha offerto. Sempre fedele a questa semplicità tanto apprezzata su PS3, Journey riesce comunque a densificare il suo aspetto senza aggiungere fronzoli, offrendo anche un immancabile senso del dettaglio. Si poteva contare ogni granello di sabbia del deserto attraversato, i riflessi dorati sulle dune ci facevano quasi venire voglia di buttarci dentro e sdraiarci. Anche gli scatti finali risplendono di bellezza e profondità, lasciando che il sole si rifletta dolcemente sulla neve. Le ambientazioni più scure non vengono tralasciate, la tempesta di neve ci fa venire i brividi alla vista del nostro piccolo personaggio rosso congelato. Ma per quanto bello sia, Journey soffre ancora di un grosso problema: la mancanza di interazione con il mondo gigantesco che si offre alla nostra vista. Ci troviamo a scivolare e saltare per tutta l'avventura, accontentandoci di seguire una linea quasi retta che sembra tutta tracciata, quando meritiamo almeno il tempo per un attimo di perderci nell'immensità non occupati da un mondo apparentemente aperto. L'impressione di attraversare (vagando lentamente) un susseguirsi di livelli, senza poter fare altro che divertirsi, è ancora un po' frustrante e alimenta l'idea che Journey non abbia una storia di cui parlare, se non quella di farti raggiungere lo stato di luce liberandoti da chissà cosa.
QUANDO SEI NEL DESERTO, NON ABBASTANZA
E in questo viaggio interiore, sei fuori da un duo, un giocatore completamente casuale che si unisce a te e non ti lascia fino al traguardo. Il classico "Uno è buono, due è meglio". Ma ora, due, in realtà non è proprio meglio. Senza alcuna reale interazione, a parte i suoni emessi dai personaggi, avere qualcuno al proprio fianco è inutile. A volte vorremmo addirittura che scomparisse, lasciandoci a goderci i paesaggi e l'atmosfera da soli. Per fortuna è possibile uscirne proseguendo il nostro cammino, senza fermarsi, e così ancora una volta lasciarsi trasportare dall'aria e dall'atmosfera musicale planante e malinconica di Journey. Perché sì, uno dei grandi punti di forza dei giochi contemplativi risiede generalmente nell'ambiente sonoro, che spesso è calmo e raffinato. In quest'area, Journey padroneggia decisamente la sua materia, la musica che passa direttamente dalle orecchie al cuore. Nel complesso, l'esperienza di thatgamecompany è sicuramente una delle più belle di PS4, e il miglioramento grafico ci permette di rivivere questo magnifico nuovo, trasportandoci nuovamente con disinvoltura nell'universo già ammirato su PS3.
Breve passeggiata solitaria e ritmata, Journey è un'escursione buddista durante la quale il piccolo personaggio che interpreti cercherà la sua indipendenza desiderando liberarsi di tutti i beni materiali, quest'ultimo simboleggiato dalla sciarpa al collo, che cresce man mano che avanza , e si rimpicciolisce man mano che l'obiettivo tanto agognato si avvicina. In ampi spazi ordinati, è quindi una ricerca verso un "me" interiore poco attraente che si apre. Eppure, in un mondo importante come quello di Journey, thatgamecompany riesce a guidarci perfettamente dove dobbiamo andare, lasciando che l'intuizione del giocatore funga da linea guida. Una sensazione immersiva che si può provare solo in caso di sensibilità sviluppata nel giocatore, che rappresenta una sfida. Colorato e languido, Journey è la corsa più bella di PS4, un'esperienza che vale la pena provare almeno una volta. Ma c'è da riconoscere che l'assenza di uno scenario unita alla brevissima durata del gioco non incoraggerà sicuramente chi è alla ricerca di un'avventura avanzata.