
Come Lara Croft
In alcuni livelli, abbiamo l'impressione che gli sviluppatori siano stati fortemente ispirati da Tomb Raider. Perché il cane sale la scala, salta con slancio, si appende alle corde e si lascia scivolare, proprio come mamma Lara. Soprattutto da quando Gromit attraversa templi e rovine, corazzato con trappole a base di seghetti, dardi o altre cose mortali. E poi, stranamente, ci sono gli stessi difetti, vale a dire a volte salti approssimativi su piattaforme troppo strette per essere onesti. Oltre al posizionamento della fotocamera a volte piuttosto sfortunato, poiché anche correggendo gli angoli di campo, in rare occasioni, non otteniamo comunque quello che vogliamo. Bene, non è troppo comune nel gioco ma è comunque fastidioso. Fortunatamente, d'altra parte, i lati positivi abbondano. A cominciare da alcuni tratti dell'umorismo tutto britannico. Esempio: alla curva di un corridoio, Gromit trova una porta con l'insegna del gabinetto. Ebbene, aprendo questa porta, l'animale scompare dall'altra parte e il gioco si interrompe momentaneamente finché non ha terminato i suoi affari! Nello stesso spirito corrispondente ai cortometraggi: gli atteggiamenti dei protagonisti (ad esempio, devastato, il cane si tiene la testa tra le zampe) e le stupide invenzioni di Wallace. Tra un Banana Gun e un Gyrocopter (aumentando una fase di pilotaggio tagliente con il resto dell'avventura) tramite stivali da salto (molto utili per sconfiggere un boss), i suoi ritrovamenti sono ovviamente indispensabili per portare a una buona avventura.
Personaggi carismatici, durata della vita interessante (soprattutto con i pochi bonus/gadget da sbloccare come un'intervista a Nick Park o filmati), azione diversificata (durante una visita, Gromit può anche andare a fare surf in una grotta): tutti questi elementi rendono sicuramente Wallace e Gromit nell'intrattenimento di prim'ordine di Project Zoo.
Di Olivier Lehman